Causin si DPMC ma Paese allo stremo

Causin: “Si al DPCM, ma Paese allo stremo”

Si al DPCM che conferma le limitazioni, ma Paese allo stremo.

Il quadro preoccupante di queste ore ci porta a votare favorevolmente al DPCM che conferma le limitazioni delle libertà personali ed economiche.
Siamo tuttavia preoccupati che non vengano fatti passi indietro sul sostegno doveroso che deve essere dato alle imprese, poiché non si intravede all’orizzonte il nuovo decreto ristori la cui dotazione finanziaria di 32 miliardi di euro è già stata approvata due mesi fa.
Il governo deve accelerare sulla provvista di vaccini al fine di tornare quanto prima alla normalità.
La ripresa della vita normale è la condizione necessaria perché il paese si salvi.
In soli 10 mesi oltre 400.000 imprese, commercianti e professionisti hanno chiuso i battenti e l’INPS ha accumulato 20 miliardi di disavanzo, di cui 15,7 sono legati all’erogazione della CIGS e delle misure di sostegno al reddito.
È chiaro che l’unica strada è quella di accelerare le vaccinazioni per tornare alla normalità è l’unica risposta credibile che si può dare al Paese.

YouTube video

Trascrizione della dichiarazione di voto del Sen. De Bonis (EUROPEISTI – Maie – CD) durante la discussione sulla conversione in legge del decreto-legge 14 gennaio 2021, n. 2, recante ulteriori disposizioni urgenti in materia di contenimento e prevenzione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 e di svolgimento delle elezioni per l’anno 2021.

Signor Presidente, colleghi del Senato, l’approvazione dell’ennesimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da parte del Parlamento, ma anche da parte del Paese, viene accolto come un fatto apparentemente normale, ma esattamente un anno fa, per la prima volta nella storia della Repubblica e delle democrazie occidentali, l’Italia – primo Paese rispetto ad altri Paesi europei – adottò un provvedimento di limitazione delle libertà personali, della mobilità, della libera iniziativa economica e anche della socialità delle persone.

Sembrò allora, cioè quando vennero adottati questi provvedimenti di limitazione delle libertà personali, che questo fosse un atto straordinario ed enorme, un atto fortemente controverso, che fu fortemente criticato da molte forze politiche. Tuttavia non deve sfuggire che nelle settimane successive tutti i Paesi europei, nessuno escluso, seguirono l’esempio dell’Italia, a riprova che la scelta di andare verso le chiusure e verso queste limitazioni era una scelta corretta. Si sceglieva di non sottovalutare la pericolosità del virus e la velocità con cui poteva diffondersi.

A distanza di un anno, il fronte del contrasto alla pandemia è ancora drammaticamente aperto. Proprio per questa ragione si rende ancora una volta necessario prorogare le misure di limitazione delle libertà personali ed economiche. In questi giorni le evidenze scientifiche legate alla diffusione del virus e alle nuove varianti delineano un quadro ancora una volta preoccupante, soprattutto in considerazione – come abbiamo posto in evidenza nello scorso dibattito d’Assemblea – delle scarse quantità di vaccini che vengono prodotte e messe a disposizione del nostro Paese e degli altri Paesi europei. Tuttavia, nella normalità con cui oggi convertiamo l’ennesimo decreto-legge non c’è nulla di normale e non c’è nulla di scontato. Nell’anno primo dell’epoca del coronavirus le attività turistiche, le attività ricettive e di ristorazione, le palestre, i centri estetici, i negozi di abbigliamento, il mondo dello spettacolo, dell’intrattenimento e della cultura, le attività portuali e le attività aeroportuali con tutte le filiere annesse (per citarne solo alcune) hanno fatturato nel corso di dodici mesi, quando è andata bene, il 30 per cento dei ricavi dell’anno precedente. Come capirete, si tratta di un valore economico assolutamente insufficiente non solo a garantire un reddito personale o familiare, ma anche a pagare la fiscalità e i costi fissi. Oltre 350.000 piccole e medie imprese (artigiane e commerciali) e professionisti hanno già chiuso i battenti e solo l’ingente utilizzo della cassa integrazione consente oggi di contenere il problema del lavoro e il problema delle professioni.

Gli effetti della crisi sono devastanti sul piano della fiscalità generale. Non sfugga a questo Parlamento – ripeto: non sfugga a questo Parlamento – che l’INPS, nel corso del 2020, ha prodotto un disavanzo di cassa di 20 miliardi di euro, 15,7 dei quali sono dovuti al fatto che abbiamo chiesto all’INPS di intervenire sulle casse integrazioni e sui 600 euro per i professionisti.

Inoltre le scuole sono ancora chiuse e i nostri ragazzi procedono con la didattica a distanza; è un danno per l’apprendimento, ma è un danno anche per la socialità delle persone più giovani. Io non credo e noi non crediamo che il Paese reale possa reggere a lungo in queste condizioni. Bisogna fare presto. Il fatto che, a sessanta giorni di distanza dall’approvazione dello scostamento di 32 miliardi di euro di bilancio (approvato all’unanimità da questo Parlamento e da questa Assemblea), non si sia ancora trovato il tempo e il modo, da parte del Governo, di mettere a punto il provvedimento sui ristori (o sui sostegni, comunque li si voglia chiamare), è sicuramente un cambio di passo; però è un cambio di passo all’indietro. Ci sono 32 miliardi a disposizione da sessanta giorni e il Governo, insediato già da due settimane, non ha dato priorità a questo provvedimento. Non possiamo permetterci di temporeggiare, perché temporeggiare su queste misure vuol dire temporeggiare sulla pelle della gente.

Credo, allora, che il tempo e l’esperienza acquisita in questi dodici mesi debbano mettere in condizione il Governo e il Parlamento di agire subito, di aprire, di chiudere, di determinare gli orari e di farlo non più sulla base di ipotesi o di valutazioni di carattere casuale; di agire sui codici Ateco, ma anche sugli orari, sulla base di certezze scientifiche. Cambiare passo vuol dire anche avere il coraggio, come è stato indicato dalla forza politica Fratelli d’Italia, di ripensare, per esempio, le chiusure e le aperture di alcune categorie Ateco e di farlo su base scientifica.

Un Paese grande come l’Italia si salva solo se torna a produrre. Non possiamo affidarci né ai ristori, né ai sostegni, né al recovery fund. Infatti, anche se sono tanti soldi, se un Paese non funziona sulla base dell’economia reale, si bruciano subito. Il cambio di passo ci potrà essere solo nella prospettiva che le persone possano tornare presto alla vita normale, a vivere liberamente, a produrre, a fare il proprio lavoro, ad avere la propria socialità e anche ad essere consumatori.

Auspichiamo perciò che l’impegno del Governo in sede europea per la campagna vaccinale possa avere il risultato che tutti quanti speriamo e auspichiamo, che possa essere efficace e ottimale, considerata la capacità organizzativa della sanità italiana, e che questo sia un modo per accelerare il ritorno alla normalità.

Per questa ragione, il Gruppo Europeisti-MAIE-CD annuncia un voto favorevole al disegno di legge di conversione del decreto-legge presentato dal Governo.

 


Leggi le altre notizie
Seguici su Twitter