De Bonis agricoltura e transizione ecologica

De Bonis: “Agricoltura e transizione ecologica”

Ministero della transizione ecologica e agricoltura. Intervento del Senatore Saverio De Bonis durante la discussione successiva alle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi

Ascolta l’intervento sulla web tv del Senato della Repubblica.

Trascrizione dell’intervento del Senatore Saverio De Bonis (EUROPEISTI – Maie – CD)

Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, signori Ministri, colleghe e colleghi, il programma di Governo che ella, signor Presidente del Consiglio, ha appena illustrato, se attuato in ogni suo punto sarà certamente in grado di far risalire la china, in sintonia con le parole del presidente Mattarella e con la collocazione del suo Esecutivo in una cornice fortemente europeista ed atlantista.

Il nuovo Ministero della transizione ecologica avrà la funzione importante di raccordare ogni iniziativa con il tema ambientale ed energetico, ed è un grande passo in avanti. Le emissioni continuano ad aumentare e le temperature a salire; serve un cambio di paradigma per affrontare le grandi questioni in gioco. La prima partita è quella della decarbonizzazione. Proprio due mesi fa l’Unione europea ha innalzato gli obiettivi: tagliare del 55 per cento, e non più del 40 per cento, le emissioni entro il 2030.

Non meno fondamentale è il raccordo con l’agricoltura, tema al quale, signor Presidente, ho dedicato e continuo a dedicare grande attenzione. La nascita della Comunità europea si è fondata innanzitutto sull’agricoltura, e nel 1992 con la riforma MacSharry e il principio di condizionalità, ben prima dell’industria l’agricoltura si è legata alla tutela dell’ambiente. Ma oggi il problema principale del rilancio del settore riguarda la copertura dei costi di produzione: i nostri agricoltori molto spesso non riescono a coprire tali costi e, di conseguenza, si impoveriscono; ma non perché non siano competitivi. Purtroppo, in Italia nel dibattito sul green deal non si parla di agricoltura. Salutiamo con favore la nomina del ministro Patuanelli, che sicuramente rimetterà al centro questo settore.

Signor Presidente del Consiglio, ho appreso della sua alta considerazione per l’agricoltura, ma se la transizione dovrà essere equa ed inclusiva, l’agricoltura non può essere esclusa dal dibattito, perché è cibo, vita, natura, cultura. Non basta che l’aria, l’acqua il suolo siano puliti; anche il cibo è fondamentale, il buon cibo che può rappresentare la vera medicina per rafforzare il nostro sistema immunitario, molto compromesso durante l’epidemia, e far produrre al nostro organismo gli anticorpi necessari per proteggersi dai microrganismi. Il detto «siamo quel che mangiamo» oggi assume un significato ancora più profondo. L’agricoltura ecosostenibile con meno pesticidi, antibiotici, ormoni e fertilizzanti chimici può ridurre, da un lato, l’enorme spesa sanitaria dei Paesi europei e, dall’altro, elevare la qualità della vita e la produttività dei cittadini, perché chi gode di buona salute diventa una grande risorsa per sé e per il suo prossimo.

Il comparto agroindustriale, d’altro canto, è anche uno dei fattori principali del cambiamento climatico, responsabile di circa il 25 per cento delle emissioni totali di gas serra. Oggi quindi è importante un Governo che difenda la nostra madre terra da una crisi ecologica, perché, come lei ci ha ricordato nel suo discorso di questa mattina, siamo stati noi a rovinare l’opera del Signore. È sin dagli anni Settanta che la dottrina sociale della Chiesa ci ha sempre messo in guardia dallo sfruttamento incontrollato della natura, come diceva Paolo VI. Ultimo in ordine di tempo è stato Papa Francesco a lanciare l’allarme sui cambiamenti climatici. La terra – ci ricorda il Pontefice – è la nostra casa comune e abbiamo il dovere di prendercene cura.

Signor Presidente del Consiglio, in Italia non tutti sono consapevoli che i primi a prendersi cura della terra sono proprio gli agricoltori, una categoria bistrattata nel nostro Paese quanto preziosa. L’agricoltura in Italia è stata sempre considerata la cenerentola della nostra economia. Dobbiamo però distinguere quelli che fanno ricorso ad una agricoltura industriale da quelli che vogliono sviluppare un’agricoltura biologica, più attenta agli ecosistemi. L’agricoltura industriale è diventata una delle principali cause del degrado del suolo, della perdita di sostanze organiche, della desertificazione, della scarsità di acqua, della perdita di biodiversità, della resistenza ai parassiti e agli antibiotici, dell’inquinamento di falde con procedure comunitarie di infrazione.

Queste fonti di degrado contribuiscono a loro volta ad una serie di problemi per la salute umana per l’esposizione eccessiva ai fertilizzanti chimici, ai pesticidi e agli erbicidi tossici. L’agricoltura biologica, al contrario, si basa sulla rotazione delle colture e sulla fertilizzazione del suolo, ha un’impronta di carbonio molto minima in quanto non dipende da prodotti derivati da combustibili fossili. La probabilità è che esploda una pandemia anche legata alla distruzione dell’ambiente; più devastiamo le foreste, ossia i luoghi in cui gli animali serbatoio dei virus vivono, più aumenta la probabilità che avvenga un nuovo salto di specie.

Bene dunque il suo riferimento allo spazio che l’uomo ha sottratto alla natura; in Italia dovremo aumentare la forestazione produttiva. I dati sulla crisi della biodiversità sono drammatici; anche qui si parla di una riduzione che supera in media il 30 per cento. Ciò significa che noi, una sola specie, abbiamo fatto fuori un terzo di tutte le altre.


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